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Master's graduate in Marketing Management alla Bologna Business School. Esperto in indicatori di sostenibilità aziendale, in Colouree ricopre responsabilità di Marketing Analyst e di Comunicazione.
L’anno 2020 che volge al termine ha scosso come un uragano la civiltà, erodendo le sue certezze e costringendola a riordinare le sue priorità: la pandemia da Covid-19 ha segnato la vita non solo di chi è stato colpito dal virus o ne ha subito le ripercussioni economiche, ma di chiunque abbia dovuto rimodulare semplici gesti quotidiani come fare la spesa, studiare, incontrare gli amici, spostarsi tra casa e luogo di lavoro.
"L’addio che daremo al 2020, ad ogni modo, non deve cancellare la lezione che abbiamo (inaspettatamente) appreso circa l’importanza che ha, per il nostro benessere, il mondo fisico appena fuori casa nostra."
Se da una parte le limitazioni poste agli spostamenti hanno incentivato la digitalizzazione di alcune attività (si consideri, per esempio, il boom registrato dagli strumenti per videoconferenze online, oppure l’accelerazione del processo di smaterializzazione dei pagamenti), dall’altra la necessità di trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno spostandoci il meno possibile è stata il propulsore di un’idea, quella della “città dei 15 minuti”, che ruota attorno ad un’unica parola chiave: prossimità.
Diametralmente opposta ai processi di zonizzazione che hanno sagomato le periferie italiane nel XX secolo, separando e distanziando le aree a diversa destinazione d’uso (residenziale, commerciale, manifatturiero, etc.), la “città dei 15 minuti” si propone come spazio all’interno del quale ogni suo abitante può trovare tutti i servizi e le amenities urbane di cui ha bisogno, spostandosi a piedi o in bicicletta per non più di un quarto d’ora.
Il metro di misura logistico-temporale scelto non è solo una dichiarazione d’intenti volta alla sostenibilità ambientale, ma anche un pratico strumento di valutazione per realtà urbane che vogliono essere realmente a misura d’uomo, rifiutando programmaticamente un’idea di futuro secondo cui le attività quotidiane debbano per forza comportare una o più ore al giorno passate su mezzi di trasporto, a cercar parcheggio, o in coda presso uffici centrali, progettati per accogliere (e far attendere) in un solo punto la popolazione di una vasta area urbana/metropolitana.
I vantaggi di una città a misura d’uomo sono evidenti
Per fortuna la maggior parte delle città italiane, per non dire europee, risale a ben prima del boom dello zoning e presenta un intreccio distributivo che, per sua evoluzione spontanea nel corso dei secoli, raramente si presenta suddiviso rigidamente per destinazioni d’uso, ragion per cui la trasformazione dei centri esistenti in “città dei 15 minuti” non richiederebbe uno stravolgimento totale delle attività insediate – intervento monumentale che porterebbe automaticamente al fallimento dell’iniziativa – ma un’opera più abbordabile di rinnovamento di alcuni servizi e attività, limitando ciò che è presente in sovrannumero e integrando ciò che scarseggia o manca.
Questo processo di rinnovamento, allettante “offerta” in risposta a una “domanda” pressoché inesauribile della comunità, interessa sia ildecisore pubblico, che con la pianificazione urbanistica regolamenta il tessuto urbano secondo le esigenze della cittadinanza in costante evoluzione, sia l’iniziativa privata, interessata ad installare le attività capaci di rivelarsi più redditizie proprio perchè in grado diintercettare questo bisogno di prossimità della popolazione locale.
Come individuare i punti di forza e debolezza di un distretto urbano, in un’ottica di sua evoluzione in “città dei 15 minuti”?
Grazie all’evoluzione di nuove generazioni di strumenti digitali, basati sull’analisi automatizzata dello spazio costruito e sul collezionamento e gestione di enormi moli di dati geo-referenziati, oggi appare più semplice poter sviluppare con relativa semplicità le analisi complesse, perchè multi-scala e multi-indicatore, richieste da questa nuova sfida.
La maggior parte degli strumenti tradizionali risultano però inadeguati a misurare indicatori di prossimità e benessere basati sulla disponibilità e qualità di servizi, infrastrutture, spazi verdi e mobilità relativi al posizionamento, caratteristiche e bisogni dei cittadini residenti.
Colouree ha sviluppato una piattaforma web-based (quindi accessibile da qualsiasi dispositivo con Internet) specializzata nell‘analisi dei contesti urbani e delle loro performance rispetto alle necessità dei loro fruitori, che fa leva sullo sviluppo di algoritmi di analisi automatizzata della morfologia urbana ( le caratteristiche dello spazio costruito che ci circonda) e di collezionamento di enormi moli di dati geo-referenziati (relativi ad attività, servizi, punti d’interesse, etc).
Tramite il monitoraggio di diversi indicatori-chiave, Colouree può quindi fornire una valutazione dei livelli di autosuffcienza dei quartieri, o supportare definizioni dinamiche di clusters autosufficienti rispetto a singoli indicatori, ottenendo pertanto il calcolo di un “rating di prossimità e autosuffcienza” alle differenti scale della via, quartiere e zone della città.November
Le analisi vengono quindi visualizzate su mappe web interattive, accessibili da qualsiasi device, semplifcando la collaborazione in remoto o sul campo fra gli operatori coinvolti, senza la necessità di competenze specifiche.
Colouree offre quindi la possibilità di supportare in modo efficace e facilmente comprensibile, perchè basato su mappe web interattive, il radicale “cambiamento di prospettiva” alla base delle sfide poste dalla Città dei 15 minuti, in particolare:
Un approccio di questo tipo, basato sull’analisi di una quantità di big data altrimenti ingestibile manualmente (grazie anche alla possibile implementazione di sensori IoT), è inquadrabile anche in un’ottica di digital twin, ossia di creazione di una proiezione digitale della realtà – di un suo “gemello virtuale” – su cui poter sperimentare scenari diversi per poi avviare, nel mondo reale, quello più valido.
Tale risorsa risulterà preziosa non solo durante l’attuale emergenza pandemica – in cui devono essere prese in breve tempo decisioni innovative sull’uso degli spazi urbani – ma anche quando sarà tempo di “ritorno alla normalità“, per valutare tutte le opportunità di “meanwhile use” di uno spazio, cioè le modalità di suo utilizzo flessibile e temporaneo, e facilitare l’eventuale transizione verso mutamenti più significativi a lungo termine.
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